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La diffusione editoriale dell’opera fogazzariana nel mondo anglosassone: elaborazione romanzesca, traduzione e ricezione critica

Pages 377-392 | Published online: 27 Jul 2018
 

ABSTRACT

Antonio Fogazzaro (1842–1911) fu uno degli scrittori italiani più apprezzati all’estero. Per capire il successo mondiale dell’opera fogazzariana bisogna comprendere la trasformazione del sistema editoriale nonché della tipologia di pubblico a cui il genere romanzesco si rivolgeva in quegli anni. I romanzi fogazzariani furono tradotti nei paesi anglosassoni (Inghilterra, Stati Uniti e Canada) tanto da case editrici con interessi cosmopoliti, quanto da firm specializzatesi in pubblicazioni a tema religioso. L’articolo è inframmezzato dai passaggi più significativi delle lettere (in buona parte inedite) inviate da editori, traduttori e mediatori culturali al Fogazzaro e attestanti la diffusione e la fortuna editoriale dell’opera fogazzariana nei paesi anglosassoni. La seconda parte del saggio è dedicata a una disamina della ricezione da parte della critica americana dei romanzi fogazzariani. L’ultima parte analizza alcuni caratteri comuni tra il romanzo fogazzariano ed il novel inglese attraverso la comparazione con alcune opere di Charles Dickens e Wilkie Collins.

Notes

1 David Damrosch, What is World Literature? (Princeton and Oxford: Princeton University Press, 2003), p. 4.

2 Damrosch, p. 6.

3 Per una panoramica sulla fortuna mondiale di Fogazzaro, si guardi la prima parte degli atti del convegno Fogazzaro nel Mondo, a cura di Adriana Chemello e Fabio Finotti (Vicenza: Accademia Olimpica, 2013), pp. 11–390. Nel capitolo Echi di Fogazzaro in Giappone, Annibale Zambarbieri cita lo studioso giapponese Anesaki Masaharu, che pubblicò un saggio su Fogazzaro, ‘promuovendone anche la traduzione giapponese’ (p. 345) de Il Santo: Antonio Fogazzaro, Seija (Tokyo: Keiseisha, 1912).

4 Si segnalano, a questo proposito, gli studi condotti da Fabio Finotti sull’inconscio nella narrativa fogazzariana e su Fogazzaro come scrittore globale e locale, l’edizione da lui curata per i tipi dell’Accademia Olimpica di Vicenza del Diario di un viaggio in Svizzera, nonché le numerose curatele di atti di convegni. Negli ultimi anni, sulle riviste inglesi Italian Studies e Gothic studies, sono inoltre comparsi, degli articoli curati, rispettivamente, da Olivia Santovetti e Maria Parrino, aventi come oggetto di studio il romanzo fogazzariano Malombra; ugualmente, nell’ ambito del sistema universitario francofono, si ricordano gli studi condotti negli ultimi decenni da François Livi e Jean Jacques Marchand.

5 Fabio Finotti, ‘Uno scrittore provinciale e globale’, in Fogazzaro nel Mondo, p. 22.

6 Per ulteriori approfondimenti si veda la lettera di William Roscoe Thayer ad Antonio Fogazzaro del 27 novembre 1907 (BCB, CFo 33 Plico 201).

7 Elia W. Peattie, ‘Fogazzaro’s latest novel displays declining scale of power’, Chicago Tribune, 27 giugno 1908, p. 9.

8 Alla MacMahon fu accordata anche la traduzione in inglese di Ascensioni Umane, come si evince dalla seguente missiva: ‘La prego di scusarmi se non ho risposto prima d’ora alla sua lettera. La ringrazio infinitamente di avermi accordato il permesso desiderato per provare una traduzione del “Mistero del poeta” e di “Ascensioni Umane”. In questi giorni sono stata in viaggio e non ho avuto il tempo di occuparmi della traduzione ma ora scriverò in proposito a qualche editore e Le farò sapere la risposta’. Letteradi Anita MacMahon ad Antonio Fogazzaro del 4 maggio 1900 (BCB, CFo 20 PL 122 (7)).

9 Lettera di Anita MacMahon ad Antonio Fogazzaro da Berlino (BCB, CFo 20 PL 122 (7)).

10 L‘articolo è un estratto e una parziale rielaborazione di una piccola parte della mia tesi di Ph.D. (La poetica e la ricezione internazionale di Antonio Fogazzaro: Attraverso il carteggio con i corrispondenti anglo-americani, francofoni e italiani.), discussa nel 2017 presso l‘Università di Durham. A partire dai primi sondaggi della Parrino sulla fortuna di Antonio Fogazzaro in ambito anglosassone, si è voluto, in questa sede, ampliare e approfondire il discorso sulla diffusione editoriale e la ricezione dello scrittore vicentino in questi paesi, analizzando le fonti primarie (lettere, articoli e recensioni dell’epoca) custodite nei fondi e negli stipi fogazzariani della Biblioteca Bertolina di Vicenza. La trascrizione delle lettere, che qui vengono citate solo in alcuni passaggi significativi, è parte integrante di un progetto di edizione (da me curato) degli epistolari di alcuni dei più importanti corrispondenti italiani e stranieri del Fogazzaro. A questo proposito, vorrei ringraziare la Dott.ssa Adele Scarpari, (ex responsabile della Sala manoscritti e rari) e il Dott. Sergio Merlo della Bertoliana di Vicenza, per avermi concesso di accedere a tale prezioso materiale documentario.

11 Gli interessi cosmopoliti della casa editrice Fisher Unwin sono dimostrati anche dalla serie di riviste e periodici da essa pubblicati, con il contributo della maggiore intellighenzia europea: ‘Several periodicals were among the firm’s publications. Cosmopolis: An International Monthly Review (1896–1897) was created by its editor, F. Ortmans, to combat the rising nationalism that threatened European intellectual life. […] Other Pan-European periodicals published by Unwin were the International Monthly Review, the Revue Blue, and the Independent Review’. British Literary Publishing Houses, 1820–1880, ed. by Patricia J. Anderson and Jonathan Rose (Detroit, London; A Bruccoli Clark Layman Book Gale Research Inc., 1991), p. 309.

12 Lettera di Thorold Dickson ad Antonio Fogazzaro del 10 marzo 1896 (BCB, CFo 11 Pl 66 (15)).

13 Lettera di Thorold Dickson ad Antonio Fogazzaro del 4 aprile 1896 (BCB, CFo 11 Pl 66 (15)).

14 Maria Parrino, ‘La fortuna di Fogazzaro nel mondo anglosassone’, in Album Fogazzaro, a cura di Adriana Chemello, Fabio Finotti, Adele Scarpari (Vicenza: Accademia Olimpica, 2011), p. 61. Fisher Unwin mostrerà, in futuro, nuovo interesse per l’opera letteraria fogazzariana, proponendosi per l’edizione inglese di Leila: ‘Dear Sir, We understand that you have a new work on the eve of publication. We should like to be associated with the publication of a translation of this work in your country, and if we could arrange the matter with you we should be very happy. You will remember, no doubt, that we published an English translation of your ‘Malombra’.’ Lettera dell’editore Fisher Unwin ad Antonio Fogazzaro dell’11 ottobre 1909 (BCB, CFo 14 Pl 79 (27)).

15 Lettera di Mary Prichard Agnetti ad Antonio Fogazzaro del 6 aprile 1906 (BCB, CFo 1 Plico 3). La lettera, come la successiva del 4 giugno 1906, è stata parzialmente trascritta da Paolo Marangon in Idem, Il modernismo di Antonio Fogazzaro (Bologna: il Mulino, 1998), p. 213.

16 Simili informazioni erano già state fornite, in realtà, in un articolo di Mrs. Crawford, ‘The Saint in Fiction’, che apparve su The Fortnightly Review, nell’Aprile 1906.

17 Antonio Fogazzaro, The Saint (London: Hodder and Stoughton, 1906), p. xvii.

18 Lettera di Mary Prichard Agnetti ad Antonio Fogazzaro del 4 aprile 1906 (BCB, CFo 1 Plico 3) (Vedi anche Marangon, Il modernismo di Antonio Fogazzaro, p. 213).

19 Eugene A. Nida, Charles R. Taber, The Theory and Practice of Translation. Helps for Translators (Leiden: E.J. Brill, 1969), p. 12.

20 L’espressione translation shift è usata da J. C. Catford in A Linguistic Theory of Translation. An Essay in Applied Linguistics (London: Oxford University Press, 1965).

21 Antonio Fogazzaro, Preface, in Mary Prichard Agnetti, Vicenza, the Home of the Saint (London: Hodder and Stoughton, 1909), p.vii. La citazione è, dunque, tratta dalla prefazione fogazzariana all’opera della traduttrice sulla storia di Vicenza, dalle origini sino all’età moderna. L’Agnetti fu incoraggiata dallo stesso Fogazzaro a cimentarsi in un saggio storico in lingua inglese sulla sua città natale, saggio che avrebbe sicuramente favorito la conoscenza di una città di provincia come Vicenza anche all’estero. La traduttrice non mancherà poi di ringraziare lo scrittore della ‘bellissima prefazioneʼ anteposta al lavoro (lettera del 23 settembre 1909).

22 Pratiche traduttive che sono state criticate da Lawrence Venuti nel suo famoso saggio The Translator’s Invisibility: A History of Translation (New York and London: Routledge, 1995).

23 Parrino, ‘La fortuna di Fogazzaro nel mondo anglosassone’, p. 61.

24 Per ulteriori approfondimenti si veda la lettera di W. Roscoe Thayer ad Antonio Fogazzaro del 27 novembre 1907 (BCB, CFo 33 Plico 201).

25 W. Roscoe Thayer, ‘Introduction’, in Antonio Fogazzaro, The Saint, trans. by M. Prichard-Agnetti (New York and London: G. P. Putnam’s sons, 1906), pp. ix-x.

26 Vedi Gaetano Trombatore, Il successo di Fogazzaro, in Risorgimento, 1 (1945), 5; ristampato in Belfagor, 10 (1955), 138–49.

27 Paolo Marangon, Il successo mondiale de Il Santo, in AA.VV., Fogazzaro nel mondo, a cura di Adriana Chemello e Fabio Finotti, p. 241.

28 Per ulteriori approfondimenti si veda la lettera di W. Roscoe Thayer ad Antonio Fogazzaro del 10 marzo 1906 (BCB, CFo 33 Plico 201).

29 Lettera di Theodore Roosevelt ad Antonio Fogazzaro dell’8 novembre 1906 (BCB, CFo 29 Plico 173).

30 Telegramma di Theodore Roosevelt ad Antonio Fogazzaro dell’8 aprile 1910 (BCB, CFo 29 Plico 173).

31 ‘Roosevelt is pious, Fogazzaro says’, New York Times, 24 April 1910, p. 3.

32 Ibid.

33 Dal diario autobiografico di George Haven Putnam emerge un rapporto di profonda stima e amicizia con Theodore Roosevelt, il quale, dopo la laurea ad Harvard, lavorò presso gli uffici newyorkesi di Putnam per circa un anno, prima di intraprendere la carriera politica nelle fila del partito repubblicano: ‘He had been with us about a year when an opportunity occurred for diverting his energies from the Twenty-third Street office to the field of politics. The Republican committee of the Assembly District in which were placed both Roosevelt’s house and my office, was looking for a candidate for the Assembly’. George Haven Putnam, Memories of a Publisher (1865–1915) (New York and London: G. P. Putnam’s sons, 1915), pp. 137–8.

34 Lettera di George Haven Putnam ad Antonio Fogazzaro del 10 maggio 1907 (BCB,CFo 27 Plico 166).

35 Lettera di Mary Prichard Agnetti ad Antonio Fogazzaro del 31 luglio 1910 (BCB, CFo 1 Plico 3).

36 Lettera di Mary Prichard Agnetti ad Antonio Fogazzaro del 1910 da Bordighera (BCB, CFo 1 Plico 3).

37 Mary Prichard Agnetti, ‘Introductory Note’, in Antonio Fogazzaro, The Sinner, trans. by M. Prichard Agnetti (New York and London: G. P. Putnam’s Sons, 1907), pp. iii-iv.

38 New York Times, 12 March 1911, p. 141.

39 Lions, A History of Reading and Writing in the Western World, (Houndmills, Basingstoke, Hampshire, New York: Palgrave Macmillan, 2010), p. 156.

40 Virginia Crawford, Studies in Foreign Literature (London: Duckworth & co., 1899), p. 237. Nonostante le riserve su Malombra, la Crawford apprezzerà dunque i romanzi più maturi del Fogazzaro, ritenendo quest’ultimo, insieme a Gabriele D’Annunzio ‘the lastest expression of unchanging forces in the national life of Italy’. Leggere i loro romanzi equivale a ‘to read the best that Italian fiction can offer in two opposing realms of thought’, (p. 247).

41 Michele Monserrati, ‘L’America Protestante incontra Fogazzaro’, in Fogazzaro nel mondo, p. 280–1.

42 Ibid., p. 281.

43 W. Roscoe Thayer, Italy in 1907, in Italica, Studies in Italian Life and Letters (Boston & New York: Houghton Mifflin Company, 1908), p. 339. [traduzione di Michele Monserrati].

44 W. Roscoe Thayer, ‘Antonio Fogazzaro and His Masterpiece’, The North American Review, 183.596 (August, 1906), 178–88 (p. 186).

45 Joseph Henry Shorthouse (1834–1903) prese parte alla vita ecclesiastica della Chiesa d’Inghilterra a partire dal 1861, ritrovandosi, in seguito, nelle istanze professate dalla New Oxford School of High Churchmen, preferendo tuttavia la libertà della ragione anglicana all’autorità religiosa del cattolicesimo romano. Il suo talento fu notato da Mrs Humphry Ward, la quale favorì la pubblicazione di John Inglesant presso l’editore Macmillan. Il romanzo, che riflette dunque, parzialmente, le idee e la biografia dell’autore, ebbe subito successo e fu apprezzato per la sua spiritualità.

46 See William S. Paterson, Victorian Heretic. Mrs Humphrey Ward’s Robert Elsmere (Leicester: Leicester University Press, 1976).

47 ‘Thomas Hill Green, Balliol tutor and Professor of Moral Philosophy, was exactly the sort of thinker who would naturally appeal to Mrs Ward: ‘a philosophical Puritan’ who had renounced the dogmatic basis of Christianity but clung tenaciously to Christian morality’. W. S. Paterson, pp. 73 e 76.

48 Rudolph Altrocchi, ‘Two recent novels of Religion’, in The Harvard Monthly (March 1908), 34–39 (p. 35).

49 Altrocchi, p. 38.

50 Ruth Egerton, ‘Fogazzaro’s Last Romance – ‘Leila’’, The North American Review, 193.665 (April, 1911), 508–14 (p.512).

51 Antonio Fogazzaro, ‘Dell’avvenire del romanzo in Italia’, in Scritti di teoria e critica letteraria, a cura di Elena Landoni (Milano: Ed. di Teoria e Storia Letteraria, 1983) pp. 55–6.

52 M. De Sanctis, ‘Fogazzaro and the English novel’, in G.B. and M. De Sanctis, Essays on Fogazzaro (Farnborough: Norton, 1992), 87–103 (p. 95). Nello stesso saggio, De Sanctis nota come: ‘The English novelist was not detached from his public, but was its interpreter. Tastes, attitudes and ideologies of the public become relevant to the writer of novels. Novels need a public. The novelist needs success to continue to be a writer and the practical aspects of publication are relevant to novelists who, like Bulwer, Dickens and Collins, get a living from their writings’ (Ibid.).

53 Come sostiene Nicola Bradbury, la pubblicazione seriale dei romanzi, venduti a puntate o in volume, premise il loro acquisto da parte di un pubblico meno abbiente di quello tradizionale. Inoltre essa favorì, a livello editoriale, una economia di produzione e consumo, come risultate del dialogo instauratosi tra il narratore e il suo pubblico di riferimento: ‘Part-publication enabled Dickens to generate and sustain levels of curiosity, suspense, audience manipulation, over the ungovernable pace of reading. It also exposed the author to the pressure of public demands in the development of character and plot’. Nicola Bradbury, ‘Dickens and the form of the novel’, in The Cambridge Companion to Charles Dickens, ed. by John O. Jordan (Cambridge: Cambridge University Press, 2001), 152–66 (pp. 152–3).

54 Andrew Sanders, Storia della letteratura inglese – dal secolo XIX al postmoderno, a cura di Anna Anzi, (Milano: Mondadori, 2001), p. 92.

55 Nei romanzi di entrambi, i problemi sociali sono spesso sintomo di una crisi di valori. Dickens, come afferma Robert Butterworth ‘makes it clear that his diagnosis of the ills of society is made from a religious perspective and with a religious solution: the ‘social abuses’ are ‘departures’ from the ‘spirit’ of the new Testament”. Ad esempio, in Bleak House Dickens ‘depicts a society gone seriously wrong because it has attempted to build civilization merely on the basis of law. Christianity has been ignored as the foundation of society; and there is moral chaos rather than a shared moral code in its daily operation’. Robert Butterworth, Dickens, Religion and Society (Basingstoke: Palgrave Macmillan, 2015), p. 3 e p. 67. L’autore del saggio mette anche in evidenza come la critica sociale di Dickens, come quella fogazzariana del resto, sia fortemente influenzata a partire dal 1850 dalla diffusione del cristianesimo sociale.

56 Mario Praz, Storia della letteratura inglese (Firenze: Sansoni, 2000), p. 514.

57 Garrett Stewart, ‘Dickens and language’, in The Cambridge Companion to Charles Dickens, ed. by John O. Jordan (Cambridge: Cambridge University Press, 2001), 136–51 (p. 138).

58 Robert James Cruikshank, The Humour of Dickens (London: ‘News Chronicle’ Publications Department, 1952), p. viii.

59 Frank Raymond Leavis, The Great Tradition (New York: George W. Stewart, Publisher Inc., 1950), p. i. Henry Mansel in una sua recensione apparsa sulla Quarterly Review, attribuì l’ascesa del sensation novel ‘to contemporary cultural decline, of which it was both the cause and the effect; it both created and fed a diseased appetite. For many mid-nineteenth-century commentators (especially those writing in the middle-class quarterly reviews) the sensation phenomenon was a morbid symptom of modernity, the product of a commodified literary marketplace in which periodicals, serial publication, circulating libraries and the new railway bookstalls were the distribution chain for a factory-made, formulaic mode of literary production with an emphasis on the frequent and rapid recurrence of piquant situation and startling incident’, Lyn Pykett, ‘Collins and the sensation novel’, in The Cambridge Companion to Wilkie Collins, ed. by Jenny Bourne Taylor (Cambridge: Cambridge University Press, 2006), p. 51.

60 Nancy Armstrong, ‘The Sensation Novel’, in The Oxford History of the Novel, The Nineteenth-Century Novel 1820–1880, vol. 3, p. 138.

61 Ibid.

62 Walter C. Phillips, Dickens, Reade, and Collins, sensation novelists (New York: Columbia University Press, 1919), p. 18. ‘Although the personal and professional relations between Dickens, Reade, and Collins were by no means uniformly intimate, these novelists may nevertheless be said to have formed a school in much fuller sense than is usual among English writers’, (Phillips, p. 109).

63 Mario Praz, Storia della letteratura inglese, p. 540.

64 Nunzio Ruggiero, La civiltà dei traduttori (Napoli: Guida, 2007), p. 74.

65 Beatrice Corrigan, ‘Antonio Fogazzaro and Wilkie Collins’, Comparative Literature, 13.1, 39–51 (1961), 40.

66 Ibid., p. 41.

67 Ibid., p. 43.

68 Hans Robert Jauss, Esperienza estetica ed ermeneutica letteraria, Domanda e risposta: studi di ermeneutica letteraria, vol. II, (Bologna: il Mulino, 1988), p. 20.

69 D. Damrosch, ‘World Literature, National Contexts’, Modern Philology, 10.4, (May, 2003), 512–31 p. 513. Damrosch continua nell’articolo descrivendo questo doppio legame con la cultura d’origine e quella di arrivo dell’opera di letteratura mondiale attraverso la figura dell’ellissi: ‘World literature is thus always as much about the host culture’s values and needs as it is about a work’s source culture; hence, it is a double refraction, one that can be described through the figure of the ellipse, with the source and host cultures providing the two foci that generate the elliptical space within which a work lives as world literature, connected to both cultures, circumscribed by neither alone’ (p. 514).

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